Le amministrative di Massa. Mi son divertito a ipotizzare un’analisi.

Nel guardare gli esiti elettorali, ieri sera, mi chiedevo se davvero ora cambierà tutto o se in realtà gattopardianamente, rimarrà tutto come prima. In attesa di scoprirlo provavo a ragionare su vittoriosi e sconfitti, su strategie di successo o fallimentari.

Non c’è dubbio che esiste un solo grande vincitore, un uomo solo al comando, un potenziale rais in questa città. Si chiama Alessandro Volpi e ha trionfato. E’ una vittoria cominciata cinque anni fa, da vero stratega dell’elezione Pucci. Ma è anche una vittoria costruita con il buon senso della partecipazione nel percorso. Le due liste direttamente a suo sostegno hanno preso il 21%, come a premiare la strada intrapresa. Volpi mi sembra troppo intelligente per ergersi a padrone assoluto della città e mi sembra sufficientemente di sinistra per lasciarsi coinvolgere e contaminare dagli eletti nelle sue liste. Anche perchè ne avrà bisogno per i rapporti di forza all’interno della maggioranza.

L’altro grande vittorioso dell’elezione massese è il Partito Democratico. Sembrava destinato a sparire o quantomeno ad essere una parte poco significativa del governo cittadino ed invece si trova primo partito col 24% dei voti e con la possibilità di incidere realmente. Ed essendo ormai un partito culturalmente e politicamente di destra almeno nei suoi strateghi (?), porterà ad un vero e proprio spostamento della politica locale. Un pericolo di cui Volpi avrà tenuto conto? O più probabilmente era una percentuale di voti che serviva indipendentemente dalle conseguenze?

Degli arancioni c’è poco da dire. Sono reduci da un’amministrazione disastrosa e pagano le difficoltà di quei movimenti a livello nazionale. Le false speranze (ma per chi?) di Pisapia e Doria stanno lì a dimostrarlo.

La prima grande sconfitta di queste elezioni è la sinistra. Il Prc e in parte SeL. In particolare, la strategia politica di Rifondazione esce fortemente battuta, e cioè quella di costituire un argine per la coalizione, un pungolo da sinistra per il sindaco. Segno che aver messo insieme una lista di persone veramente in gamba non è sufficiente se ci si trova ad allearsi con i soliti noti, se non ci si smarca da chi a livello nazionale governa con Berlusconi, se non si capisce che per fare una politica anticapitalista non è possibile allearsi con i profeti del capitalismo peggiore. Il 3,1% (1100 voti) sono uno schiaffo. Spero che sia sufficiente per segnare un radicale stravolgimento della linea scelta.

Grande batosta ha subito anche il m5s, almeno rispetto alle previsioni. Mi piacerebbe attribuirla a un consapevolezza dell’elettorato, determinata dai fallimenti amministrativi che stanno avendo, dal deludente comportamento parlamentare e soprattutto dalle becere derive razziste. In parte può essere così. Tuttavia una buona fetta dei voti persi rispetto alle politiche è dovuta alle solite dinamiche clientelari che le amministrative comportano e che, gliene va dato atto, i 5stelle rifiutano. Non bisogna sottovalutare comunque, a mio parere due fattori: il clima dell’insulto e dell’aggressione che alcuni di loro hanno espresso e la modestia politica di una buon parte dei componenti della lista. “Nuovo” di per sè, non vuol dire positivo se non è accompagnto da “Capace”.

La Destra è pressochè sparita. Le tre liste assieme contano l’11%. Sono completamente incapaci come nel resto d’Italia, solo che qui non riescono ad esprimere neppure i poteri forti. Un dato interessante sono i 350 voti di Mangiaracina, più votato nella lista di Benedetti. Forza Nuova si conta e raggiunge il solito misero 300. La politica del “violento sullo sfondo e doppiopetto in primo piano”, non paga.

Ultimo dato l’astensione. Hanno votato due persone su tre, il 16% in meno rispetto alle comunali del 2008. Un crollo dei votanti (più contenuto rispetto alla media nazionale), che fornisce alcuni dati interessanti. Le strategie politiche dei vecchi partiti hanno stancato tutti e la proposta dei nuovi comincia a non convincere nessuno. Le persone soffrono la crisi e capiscono sempre di più che all’interno di questo modello di sviluppo non hanno risposte. Vogliono altro. In periodi come questo, generalmente l’Europa si è rifugiata dietro un uomo forte. Noi abbiamo al contrario un compito storico: evitare che questo accada. E per farlo faccio un appello a tutte le forze antagoniste, anche e soprattutto a quelle, come il Prc, che hanno al suo interno il gene del cambiamento : è il momento di lavorare per la costruzione di liste alterntive, realmente anticapitaliste, che esprimano in maniera chiara e senza alleanze elettoralistiche, la nostra visione di società differente. In questa maniera potremmo anche tornare ad incontrarci in una campagna elettorale.

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Sulle risposte dei candidati sindaco Volpi e Ricciardi

Due dei candidati sindaco hanno risposto alle mie nove domande, in vista delle elezioni. Come ho già detto, li ringrazio. In fondo me l’aspettavo. Nello scriverle immaginavo proprio questo: uno svelamento culturale, una fotografia sulle concezioni, ma anche sui caratteri personali e sui ruoli sociali e politici che si sono ritagliati, o più probabilmente hanno ritagliato loro. Meritano un commento.

 

Il candidato sindaco Alessandro Volpi è la grande star della politica locale. Una persona molto preparata, fortemente di sinistra, nella concezione più tecnica (ma non genuina, aggiungerei) del termine. Ma anche colui che nel recente passato ha dimostrato una particolare abilità nel sapersi muovere nei meandri del palazzo (non necessariamente un aspetto negativo). E’ potente, nel suo esporsi. Scrive articoli di fondo sui quotidiani, insegna all’università, varia dall’economia politica alla storia della musica, con la stessa nonchalance.                                                                                            Volpi non ha bisogno di penetrare troppo a fondo nelle questioni poste. E’ la stella luminosa che vive di luce propria. Tutt’al più, se proprio deve (e l’onestà intellettuale di cui è dotato in questo caso l’ha convinto), si concede una risposta vaga, che rimanga volutamente superficiale: in fondo ci son ben altri compiti in questo momento. E allora parliamo di Costituzione. E’ semplice e complessa allo stesso tempo. Permette di rispondere non rispondendo. O, al contrario di non rispondere rispondendo. Ma fondamentalmente il non entrare pienamente nel merito delle questioni è un’abile maniera di non sbilanciarsi. Pazienza, non m’aspettavo molto di più, ma quello che più di tutto mi spaventa è trovare decine di “mi piace” su facebook alla sua risposta. Una venerazione degna di Kim Jong Il.


Il candidato Riccardo Ricciardi è completamente diverso. Ha bisogno di legittimazione, ma ha anche la volontà della correttezza. Risponde per calcolo politico, ma anche per un’intima maniera d’essere e di presentarsi. E’ molto migliore della media dei suoi candidati nella lista. E’ profondamente Antifascista e ciò mi basta in un movimento in cui puoi dire le cose più becere e razziste e poi vieni espulso se vai in televisione. E’ tecnico nelle sue risposte. Ma mi ricorda quella canzone dei CSI dedicata al Socialismo reale “unità di produzione”: macchina automatica – no anima. E’ cioè quel tecnicismo puntuale, preciso, concreto. Ma vuoto di passioni. La politica è anche passione, ideologia, scontro, ferocia, divertimento. E’ lo scacciare i fascisti dalla piazza. E’ umanità. I Grillini l’hanno esclusa.
Ma Ricciardi ha la correttezza di entrare nel merito delle questioni e su un paio di queste vorrei tornare.
Quando si parla di immigrazione c’è un’accurata attenzione nello svicolare dalla domanda (volutamente scivolosa): se notate non parla di cittadini senza permesso di soggiorno, ma di misure verso quei migranti già legalizzati. E considera il piano simbolico come inefficace e mezzo per lavare le coscienze. Ma nella risposta sull’antifascismo è lui stesso a sottolineare l’importanza dei piani simbolico e culturale. Perchè tutto questo? Per chi avesse una minima dimestichezza con le esternazioni del guru Beppe Grillo, non può essere una sorpresa: in tema di immigrazione si governa l’esistente, non si concede nulla. Guai mettere in discussione la pratica del “parlare alla pancia” dell’elettorato.
Più delicata e fastidiosa la risposta sulle questioni di genere. Innanzitutto il considerare un’alterità in un calderone di altre alterità è già di per sè atto tipico di chi vuol svuotarla della complessità e della sua specificità. Ma soprattutto nelle proposte che emergono traspare una concezione della donna esclusivamente come portatrice di maternità: sono tutte mirate all’aiuto in un ben determinato ambito. Come se il maschilismo di questa società non invadesse tutti i livelli, come se la struttura normativa e quella culturale non provocassero già una differenziazione in tal senso. Inoltre il passaggio sulla prostituzione non è per nulla convincente: una posizione di questo tipo non solo non può portare a nulla nel limitare la prostituzione, ma anche e soprattutto vede le sex workers (preferisco chiamarle così) come un indistinto, in cui libertà di scelta o libera espressione di sè, non vengono concettualmente neppure presi in coniderazione: è il trionfo della moralità e della pubblica decenza.

Molte altre cose avrei potuto o voluto dire. Ma in fondo quello che ho provato a fare non è altro che un gioco. Che ha funzionato ed è stato divertente nella misura in cui ha avuto la capacità di rivelare elementi, concezioni, spunti utili per tutti. Ricciardi e Volpi non si meritano di essere oggetto di quegli orribili scontri verbali da beceri ultras, che avvengono su internet, nei vari gruppi. In fondo gli ultras si scontrano per una partita di calcio, che mi sembra un motivo ben più nobile.
Sapete già che io non voterò. Ma non per presa di posizione assoluta, quanto perchè non trovo attualmente alcuna forza in grado di ergersi a potenziale soggetto di trasformazione. E’ un peccato.

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Le superiorità morali ai tempi di Re Giorgio.

Viviamo una fase politica drammatica ma, per la sua drammaticità, paradossalmente ricca di potenzialità. E non perchè ci piace ballare sulle macerie, quanto piuttosto perchè per ricostruire, prima bisogna farle ‘ste macerie.                                                                            Tuttavia non mi voglio soffermare su questo, ma piuttosto sul livello di credibilità raggiunto dalla rappresentanza in questo paese. Leggo che al termine del primo giorno di votazioni, nelle regionali del Friuli abbiamo un calo di votanti del 20%. E’ una buona notizia.

Alcune delle iniziative delle nuove forze parlamentari hanno assunto il senso del ridicolo. Alcuni modi di proporsi, perfino di esporsi sanno tanto di tecnicismo ostentato. La vicenda dei portavoce poi è la cosa più divertente, dai tempi del malore di Andreotti in diretta.

Ma non è questo che mi preoccupa e che mi indigna di più, anzi.

La cosa più ridicola è un altra. E’ la presunta superiorità morale di militanti e simpatizzanti PD (già di per sè affiancare superiorità e PD è come mettere il formaggio sulla pasta al pesce, a qualcuno piace ma lo dice più che altro per stupire..), democratici in casa degli altri, che dopo aver basato il proprio unico credo politico sull’avversità nei confronti del Cavalier Berlusconi, inteso come il nemico pubblico numero 1, l’anomalia tutta italiana contro cui scagliarsi, il male supremo per opporsi al quale era possibile sacrificare tutto (e tutti..), ora si trovano a dover sostenere un accordo con lui e con la derelitta accozzaglia di alleati e servi. Ammetto che nella mia ingenuità pensavo che non l’avrebbero accettato. Insomma un moto d’orgoglio, amici miei. Niente. Mi scoccia dirlo, ma aveva ragione Nanni Moretti: siamo la generazione di Happy Days. E’ normale che sia Matteo Renzy il nostro naturale rappresentante.

E, insomma, questi piddini lo fanno non tanto dando l’idea di dover ingoiare qualcosa. No, lo fanno dall’alto della loro superiorità morale: per spirito di collaborazione, per l’amore del paese, per la governabilità, per il senso dello Stato. Esattamente quel senso dello Stato (ammesso che esista e non che, piuttosto, l’intelligenza umana debba annientare una volta per tutte questo concetto ridicolo) che li ha portati fino ad ora a legittimare la distruzione di ogni appartenenza comunitaria, l’abolizione di ogni misura sociale.

Se questa è l’unica uscita possibile dalla crisi istituzionale in corso, lasciateci nella crisi, tanto noi ceti popolari ci siamo abituati. E chissà mai che un orgoglio di ribellione, ma non quella istituzionale che vede in Rodotà la panacea di tutti i mali come se con la sua elezione avremmo distrutto una volta per tutte il Capitalismo. No, una ribellione sociale. Ne abbiamo un disperato bisogno. Siamo stanchi di dover ridere, perchè il nostro piangere fa male al re. Anche se il nostro re ha 88 anni.

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Le mie nove domande ai candidati sindaco (se avessi l’autorevolezza per essere ascoltato..)

Il prossimo maggio anche a Massa si terranno le elezioni amministrative. Personalmente ho scelto un terreno completamente diverso da quello elettorale e della rappresentanza per la mia attività politica: l’esperienza mi ha mostrato una strada differente e ben più efficace fatta del protagonismo di tutte e tutti, che prende il nome di autorganizzazione e parte dal basso.

Tuttavia sono conscio del fatto che il livello amministrativo non  può lasciare indifferenti, pur non condividendo una pratica politica che attribuisce esclusivamente ai luoghi di potere il centro delle decisioni.

A questo proposito mi chiedo, rispetto ad alcuni dei temi che hanno contraddistinto l’azione dei Movimenti, quale sia il punto di vista dei candidati sindaco, quale la loro visione su alcune delle lotte che, nel mio piccolo, ho contribuito a mettere in piedi e che condivido con le aree antagoniste di questo paese.

Chiaramente non mi aspetto che le mie idee facciano parte dei programmi elettorali, nè tantomeno penso che una trasformazione dell’esistente possa passare da una semplice scheda. Tuttavia sono curioso di capire quale tipo di contaminazione un candidato sindaco può ricevere da una generazione ribelle e antagonista. In fondo “domandare è lecito, rispondere è cortesia”.

 

1) Antifascismo. Nella nostra città esistono le sedi di due forze che ufficialmente e pubblicamente si richiamano al fascismo. Noi da tempo chiediamo l’inagibilità politica di queste realtà e la chiusura delle loro sedi. Il candidato sindaco come si comporterebbe rispetto a queste richieste? Sarebbe disponibile a prendere pubblicamente una posizione contro queste aggregazioni e a impegnare la giunta a fare tutto il possibile per limitarne l’agibilità?

2) Diritto alla casa. La società contemporanea, con la crisi del Capitalismo, sta producendo disastri sociali, calpestando i diritti delle persone, primo fra tutti quello della casa. Il candidato sindaco si impegnerebbe a realizzare una moratoria sugli sfratti? Si impegnerebbe a costringere i proprietari di case sfitte a concederne l’uso attraverso un controllo degli affitti? Si impegnerebbe a realizzare un investimento nell’edilizia popolare, scontrandosi in tutto e per tutto con i veri poteri forti del nostro comprensorio, quelli del mattone?

3)Spazi sociali. Esiste in Italia da almeno un ventennio un’esperienza politica dal basso di recupero degli spazi sociali, attraverso occupazioni, caratterizzate dalla riutilizzazione di luoghi altrimenti abbandonati e contraddistinte da politiche di uguaglianza, giustizia sociale, solidarietà. Il candidato sindaco come si rapporta con tali esperienze, anche laddove rimettano in discussione il concetto di legalità?

4)Sanità/condizioni di vita. Un altro ambito in cui la crisi di questo capitalismo al tramonto agisce è quello del diritto alla salute. I cittadini delle fasce più deboli, i malati, gli psichiatrici, i disabili, stanno più di tutti subendo gli effetti di questa situazione, favorita inoltre dal buco economico della nostra ASL. E’ disposto il candidato sindaco a farsi carico dei problemi di queste fasce deboli, investendo sull’aiuto alla persona e su tipologie lavorative che si occupino degli altri? E’ disposto a farlo anche quando le direttive regionali, gli istinti tecnico-burocratici di direttori generali e funzionari vari, tagliano la spesa indiscriminatamente?

5)Immigrazione. Questa città, non più tardi di due anni fa è stata attraversata da una magnifica protesta per la dignità: l’occupazione del Duomo da parte di alcuni migranti per il permesso di soggiorno. Il candidato sindaco è disposto ad impegnarsi sul fronte immigrazione con dichiarazioni non formali, che portino realmente la nostra città ad essere un laboratorio dell’accoglienza? E’ disposto a creare luoghi meticci di relazione culturale, a favorire l’integrazione, a costituirsi baluardo contro le prevaricazioni? E’ disposto a concedere, a livello simbolico, un permesso di soggiorno fittizio a tutti coloro che attraversano il nostro territorio? E’ disposto a fermare la caccia al più debole che ogni estate si scatena sui lavoratori ambulanti delle spiagge e del litorale?

6) Questione di genere. In Italia esiste un problema culturale di prevaricazione maschile, che si esplicita in un dominio degli uomini nei luoghi di potere e si configura nel terribile fenomeno della violenza sulle donne. E’ disposto il candidato sindaco a riconoscere in questo un problema socio-culturale del maschio italiano? E’ disposto a realizzare politiche per contrastare questo dominio e per incidere culturalmente sul tessuto sociale della città? E’ disposto a creare un programma di riflessione nelle scuole su questo tema?

7) Grandi opere. Esiste un progetto folle che i poteri forti di questo paese potrebbero ben presto mettere all’ordine del giorno. Si chiama Traforo della Tambura. Noi, come centinia di altri cittadini stiamo cercando di sensibilizzare sull’idiozia di questa idea. Il candidato sindaco è disposto ad assumersi la responsabilità pubblica di opporsi totalmente a qualsiasi tipo di progetto che metta in discussione l’ambiente e la qualità delle nostre vite?

8) Ambiente. Il nostro comprensorio ha vissuto anni di incuria e di superficialità, nei quali il territorio ha subito enormi danni per una sfrenata speculazione edilizia, favorita molto spesso da condoni e mancanza di controlli. Il candidato sindaco è pronto a segnare una totale inversione di tendenza, arrivando ad opporsi a questo scempio, a costo perfino di veder scemare la propria popolarità?

9) Lavoro. In epoche di crisi e in un ambito come il nostro, siamo consci che un’amministrazione ha difficoltà a realizzare politiche del lavoro realmente efficaci. Da parte nostra chiediamo però un altro tipo di  impegno. Il nostro territorio ha una risorsa importante nel turismo, nel quale tuttavia, si assiste a uno sfruttamento “legalizzato” di centinaia di ragazzi e ragazze, assunti in nero, sottopagati, che lavorano molte più ore rispetto a quelle contrattate. E’ disposto il candidato sindaco a organizzare dei controlli più efficaci e quindi a contrastare questo fenomeno?

 

Queste sono le mie 9 domande. Questo è il mio approccio alla politica e il contributo che vorrei dare alla città nella quale viviamo. Non ho l’autorevolezza per essere ascoltato, ma ho certamente la volontà di lottare quotidianamente per una società diversa.

 

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Il 25 aprile ai miei nipoti.

Cari nipoti, si sta avvicinando il 25 aprile, giorno della Liberazione, giorno più importante dell’anno, e finalmente trovo la forza di rivolgermi a voi per spiegare. Si, mi rendo conto che una volta per tutte occorre spiegare questo senso di appartenenza, di voglia di ricordare, di riproporre e di coinvolgere, che vostro zio, insieme a centinaia di suoi amici, fratelli e compagni, vive e respira in questi giorni. Già, quel vostro zio un po’ matto, che va alle manifestazioni con gli scontri, che occupa i centri sociali, che ha vissuto il G8 come il più alto momento formativo, che ha sempre voglia di parlare di politica, quando la politica è ormai diventata il mostro da cui prender le distanze…

Il 25 aprile è Liberazione dal Fascismo, è Resistenza intesa come lotta di un popolo contro le ingiustizie e le prevaricazioni. Il 25 aprile è ribellione allo stato di cose presenti, è Rivoluzione nella propria vita. E’ il momento sacro in cui un gruppo di ragazzi ha deciso di urlare il proprio diritto all’esistenza. E’ l’affermazione dell’uguaglianza fra tutti gli uomini, perchè non ci siano più Nazioni, non ci siano più nè sfruttati nè padroni e non ci siano più nè ricchi e nè poveri.

Il 25 aprile è l’urlo di coraggio di Tito Garosi, che si sacrifica per salvare la vita ai compagni in fuga e si suicida per non cadere in mano ai nemici fascisti e nazisti. E’ l’urlo di dolore di Aldo Salvetti, crocifisso alla porta a testa in giù, perchè non vuol rivelare il nome dei propri compagni, e che in punto di morte trova la forza di dire “… conoscerete il nome dei miei compagni quando verranno a vendicarmi…”, E’ il lamento della collina di S.Anna bagnata dal sangue di centinaia di innocenti. E’ il nome immortale di Di Nanni e della sua battaglia impossibile. E’ il pianto del paese di Forno, brutalizzato dalla barbarie. E’ l’epica del gesto, che sopravanza il pensiero, perchè retto dal pensiero più alto e sublime.

Il 25 aprile è la lotta di tutti i giorni, per la pace e la giustizia, con la forza di un “mai più” e la promessa di un “da ora”. Quella promessa tradita, che noi abbiamo il dovere di recuperare, perchè voi ragazzi possiate poi raccogliere quel testimone.

Ma soprattutto il senso del 25 aprile è nelle parole di quell’anziana partigiana che ricordava la cosa più bella di quell’esperienza che l’aveva segnata per tutta la vita, la lotta di Liberazione: “…ma più di tutto ricordo una cosa di quei giorni sui monti: quanto ci volevamo bene! Eravamo come fratelli, più di fratelli…”

Si, mi rendo conto che non sono riuscito nel tentativo di spiegare compiutamente il senso del  25 aprile, il suo essere un segno, un simbolo, un monito. E forse stavo parlando più a me stesso che a voi, che siete ancora troppo piccoli per coglierlo. Ma magari sarebbe sufficiente cominciare a respirarne l’aria, a Fosdinovo, a S.Anna, ovunque si festeggi e si ricordi. Perchè l’Antifascismo, l’Antirazzismo sono lo stare insieme, per progettare e realizzare nella vita di tutti i giorni.

Buon 25 aprile, Buona Resistenza

Vostro Zio

 

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…e non è colpa mia se esistono i carnefici, se esiste l’imbecillità…

Francamente che Battiato abbia offeso la sacralità delle istituzioni, non me ne può fregare di meno. Che abbia attaccato parlamenti passati o presenti è una cosa perfino auspicabile. Ma è il termine utilizzato che mi fa schifo. Quella sottocultura, che poi è cultura dominante, che usa parole che sfociano nel maschilismo. Quella concezione denigratoria, stantia, antistorica per cui la mercificazione politica deve trovare sempre e comunque nell’universo femminile il termine di paragone.

A pensarci bene il cantante-politico utilizza un linguaggio comprensibile ai più, perchè all’ordine del giorno in ogni contesto pubblico. Insomma, se il suo obiettivo era quello di farsi capire, ha ottenuto il risultato cercato, in tutto e per tutto nel solco della politica che proclama e che non analizza. Ma in fondo un politico avrebbe un altro compito, quello di incidere nella società, anzichè star dietro alle sue pulsioni più recondite, ai suoi appetiti nascosti, ai suoi lunguaggi più beceri. Il filosofo Battiato questo lo sa, ma dimostra di non interessargli.

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Non ci meritiamo questa merda

“In fondo non ci meritiamo questa merda”, lo pensavo ieri, nel mio primo giorno di convalescenza a casa, post malattia. L’umore non è dei migliori, fisicamente sono molto debole. Ma sono a casa finalmente e posso dedicarmi alla lettura delle analisi post-elettorali che Davide accuratamente m’ha spedito. L’ha fatto per difendere il suo voto, di cui si vergogna un po’, ne sono sicuro. Lui astensionista convinto, nel passato. Ma soprattutto l’ha fatto per amore del dibattito.

Insomma, diverse analisi. Non certo quelle dei benpensanti da Corriere della Sera, o da Repubblica, tutti terrorizzati dall’assenza della governabilità, dall’Europa che fugge, dallo spread che impazza. No, le analisi della nostra parte. Siti di movimento  di contro-cultura e personaggi più o meno di riferimento. Wu Ming, Global Project, Dada Viruz, Senza Soste, Militant… e poi Cremaschi, Giulietto Chiesa, Marco Revelli e Marco Rovelli, e altri. Parole, spunti, riflessioni, punti di vista…

La meningite è una malattia rara, quasi sconfitta. Non del tutto evidentemente. E’ provocata da un batterio particolare, almeno nel mio caso, il meningococco. E’ debole, fondamentalmente, e non riesce a penetrare nell’organismo, a meno che questo non sia provato da una qualsiasi malattia in corso. Questi batteri generalmente approfittano dell’abbassamento delle difese immunitarie e provocano sconquassi partendo dalla testa. Occorre prenderli in tempo ed agire immediatamente con massicce dosi di antibiotici.

Questo meningococco (per comodità lo abbrevierò in m5s), generalmente se n’è stato per anni a fregarsene della situazione, appollaiato nell’organismo di un portatore sano, mentre altre battaglie si scatenavano, altre offensive si dispiegavano. Poi un bel giorno ha disegnato una strategia a tavolino, l’ha messa a punto e ha cominciato a costruire un esercito di batteri fedeli, pronti a obbedire in tutto e per tutto. Occorreva solo il momento giusto: un calo vistoso e feroce nelle difese immunitarie, per poi operare l’attacco. M5s, in fondo non è un batterio molto intelligente e non è un organismo adattivo. Una volta effettuato l’attacco, comincia a manifestare la propria idiozia. Parla di strane scie luminose in cielo, di microchip nella testa, di fascismi mitologici con alto senso dello stato, di collaborazione capitale-lavoro, di corporativismo.

Ma bisogna agire subito, con massicce dosi di antibiotico. Bisogna parlare di uguaglianza sociale, di Anticapitalismo, di conflitto sociale fra sfruttati e sfruttatori, bisogna parlare di solidarietà, di internazionalismo. E far presto. L’organismo è debole.

“In fondo non ci meritiamo questa merda”. Non ci meritiamo la rivoluzione borghese, con barbetta e giacca senza cravatta. Non ci meritiamo l’esercito di laureati che ti sventolano la laurea come un valore classista. Non ci meritiamo l’addomesticamento dei Movimenti, assorbiti e silenziati dal movimento legalitario per antonomasia. Non ci meritiamo la falsa orizzontarietà della rete, dietro il vero dominio dell’uomo forte. Soprattutto non ci meritiamo la concezione che il nemico di un mio nemico è un mio amico.

Sono abituato a provare a farmi una domanda negli accadimenti della politica ufficiale. Non essendoci governi amici, la crescita del m5s ha favorito una maturazione o un decadimento dal punto di vista culturale? La risposta sta in questo organismo provato nella testa e quindi nella sua capacità razionale. E purtroppo, cari compagni, non credo alla favoletta ortodossa: non credo che se riuscissimo ad abbattere questo corpo in questa maniera, potremmo finalmente sotituirlo con qualcosa di nuovo e radicalmente diverso. Credo al contrario che questi batteri una volta trionfanti, sapranno moltiplicarsi e proliferare fino al completo controllo dell’organismo.

E’ il momento di reagire. Noi non siamo gli anticorpi della democrazia, come qualcuno diceva, semplicemente perchè la democrazia è un modello che ha fallito. Noi piuttosto siamo un altro virus, più potente, più incisivo e soprattutto più risolutivo, il virus della ribellione. E’ l’ora di sferrare il primo attacco.

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Perchè voterò PCL alle prossime elezioni. E perchè invito gli astensionisti a fare altrettanto.

Credo che non avere un punto di riferimento, una realtà da cui sentirsi rappresentati, in vista delle prossime elezioni, non sia affatto bello. E questo lo dico nonostante abbia scelto, assieme ai miei compagni un altro terreno, distante in maniera siderale da quello stanco e falso delle elezioni. Tuttavia, riprendendo un vecchio adagio dei compagni di Roma, piacerebbe anche a me poter affermare “Non abbiamo governi amici, ma semplicemente ci riconosciamo il diritto di scegliere il terreno dello scontro”.

Credo che le elezioni le vincerà Monti. Non il professore in persona ma i poteri forti che gli stanno dietro. E che stanno dietro al PDL e al PD. E questo basta per scartare l’ipotesi della “sinistra credibile (?)” e di tutti coloro che sono alleati a lei, in primis il magnifico imbonitore pugliese.

Per qualche tempo, pur con uno scetticismo che, ahimè, mi contraddistingue, ho seguito con interesse l’esperimento “Cambiare si può”. Mi sembrava un tentativo ben ragionato di porre i temi concreti, molti dei quali appartenenti al nostro orizzonte di lotta, all’ordine del giorno. E, soprattutto, mi sembrava la possibile creazione di un percorso altro, a partire dalle modalità dello stare insieme. Questo percorso è stato drammaticamente affondato dalla discesa in campo del leader Ingroia e da una completa trasformazione del senso di quell’esperienza: da una discussione sulla trasformazione, a un ricovero di elefanti, pronti a tutto pur di sfuggire alla morte biologica. Grande delusione. E grande delusione nel vedere che compagni di cui avere stima, non ammettono che è un’accozzaglia priva di logica e di prospettiva e si nascondono dietro il sempreverde rifugio della “fase” da comprendere.

Di Beppe Grillo ho detto e ridetto. Una sola cosa voglio aggiungere: la cosa più paradossale è attribuire una possibilità di trasformazione a un movimento culturalmente di destra. Impressionanti sono le somiglianze con il fascismo come Movimento: nazionalismo,  antisocialismo, corporativismo, interclassismo, autoritarismo come obbedienza cieca ad un uomo forte e intoccabile. Ma soprattutto la caratteristica di percepirsi e di presentarsi al tempo stesso come rivoluzionario e reazionario. Altro che votarli, qui occorre una campagna complessiva di svelamento.

Restano quindi in campo due scelte possibili: l’astensionismo o l’identità.

Comprendo la scelta astensionista di molti compagni ma provo a spiegare perchè non la praticherò. La democrazia che ci tocca abitare è marcia fino alle fondamenta, sia concretamente che nella percezione che ne hanno i cittadini. Allora ha bisogno di una legittimazione. Tenderà cioè assolutamente a soprassedere sulla grande quantità di non votanti: sarà questo un numero citato velocemente nelle primissime analisi, ma poi finirà nel dimenticatoio molto presto e volutamente.

Più incisivo credo sia partecipare all’elezione e col proprio voto, togliere percentuale alle già citate forze in campo. E in questo senso la scelta del PCL mi sembra l’unica possibile. E’ una realtà insufficiente e probabilmente non sarà soggetto protagonista della trasformazione, ancorato com’è su dinamiche auto-rappresentative. E’ anche discretamente lontano dalla mia concezione di Comunismo, inteso come processo in continua evoluzione. Tuttavia si riferisce a quel paradigma culturale, a quel portato di immaginario che ancora oggi credo sia l’orizzonte necessario verso cui camminare e verso cui indirizzare i nostri sforzi.

E magari può portare alcuni dei compagni di viaggio nelle nostre lotte quotidiane a ripensare molte delle scelte fatte negli ultimi anni.

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Inviato in uno strano pianeta e in uno strano paese

Questa volta mi tocca un’impresa più curiosa del solito. Un servizio da un pianeta fra i più strambi che abbia conosciuto, la Terra. E in particolare in uno degli angoli più irrazionali, una penisola di nome Italia.
Per chi non lo sapesse faccio il giornalista, a caccia di reportage fra le galassie e gli universi.
Bisogna pur campare e lo stipendio al “Fatto Interspaziale” non è basso. Unica condizione, non parlar male dei capi.
Ma torniamo al mio servizio, mi tocca un’analisi della campagna elettorale di questo strano paese.
Durante il lungo viaggio provo a documentarmi e una serie di cose assolutamente incomprensibili mi balzano all’occhio. Innanzitutto la prima e più colossale. Gli abitanti si accapigliano per una tornata elettorale che non conta proprio nulla. Le decisioni vengono prese altrove e l’agenda politica è stabilita in altro luogo. I candidati e i partiti concorrenti lo sanno, ma fingono di non saperlo.
Perchè votare?, mi dico. Secondo un illustre collega dell'”Andromeda Times”, i dominanti hanno bisogno di legittimazioni, in nome di una cosa chiamata Democrazia, che non ho capito bene cosa sia, ma che riempie la bocca di tutti ma nessuno la rispetta. Poi, se la gente non vota come è auspicato, vengono annullate le elezioni e si procede al ripristino dell’ordine, come in un paese vicino di nome Grecia.

In ogni caso, continuo l’analisi e qui devo confessarvi la mia assoluta sorpresa. Non voglio fare quello che non comprende le culture altre, ho persino una specializzazione in Antropologia, ma questi son proprio stupidi.
Pensate che c’è un tale di nome Berlusconi che ha dominato il paese per 20 anni e che in passato ha fatto promesse incredibili, dai posti di lavoro alle tasse, e questa volta si è ricandidato sparando offerte che neanche allo Space Market, e tutti nuovamente a crederci. Vorrei capire il quoziente intellettivo medio di questo popolo.
Comunque altrettanto curiosi sono i pseudoavversari. C’è un tale, si chiama Bersani, che si propone di essere l’alternativa ma ha un programma assolutamente identico. Poi c’è il premier uscente che propone le medesime ricette. E sapeste quante se ne dicono, uno contro l’altro e fino a due mesi fa erano assieme per un governo che aveva lo stesso programma che propongono ora…

No, no devo inventarmi qualcosa. Non mi pubblicheranno mai un pezzo così assurdo. Esiste un’etica del lavoro anche per il giornalista che ti spingerebbe a dire la verità, ma in fondo devo campare anch’io. E poi devo pagare l’abbonamento allo stadio a vedere la mia Intergalattica.

Si, ho un’idea. Invento la presenza di una forza realmente alternativa, d’opposizione dal basso. Una forza che non abbia bisogno di guru, di leader-magistrati, di voti utili e di far di tutto per non scomparire. Una realtà che sia di popolo per tutti gli sfruttati. Che bello, la chiamo Movimento Anticapitalista. E immagino che cominci a prender atto del proprio sfruttamento e che scenda in strada, una volta per tutte….

…Signor Direttore le assicuro che è tutto vero. Ho anche visitato un luogo dove agiscono questi Anticapitalisti, si chiama Casa Rossa…

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Sulla campagna in sostegno delle donne in politica

Conflitti di genere ed antisessismo, due concetti che hanno fatto irruzione nel mio vocabolario qualche tempo fa, incontrollabili e assolutamente innovativi. Intendiamoci, è da tempo che condivido con amici e compagni la necessità di una trasformazione dei ruoli, del vocabolario, in poche parole, delle caratteristiche strutturali e sovrastrutturali della statica famiglia patriarcale. Qualche tempo fa, in un impeto di indignazione poco politico (come ogni impeto) e perciò poco convincente, arrivai a sfiorare il litigio con alcuni amici per l’uso maschilista del linguaggio. Tutto comunque molto aleatorio e molto superficiale.
Da qualche tempo non è più così. E’ dovuto, io credo, a una maturazione nell’analisi che vede l’Antisessismo non già una pratica da adottare per “essere realmente compagni”, quanto piuttosto una parte determinante della più complessiva battaglia dell’Antifascismo e per la trasformazione della società.

Questo preambolo per dire che sono fortemente convinto che la battaglia femminista sia la Nostra battaglia e che sia elemento imprescindibile per chi oggi si dichiara Anticapitalista, Comunista o Anarchico.

Nel mio peregrinare tra i siti politici mi è capitato di incontrare una battaglia messa in piedi dalle militanti di “Se non ora quando” che prende il nome di “Se crescono le Donne, cresce il Paese”, a cui se non sbaglio hanno aderito anche compagne della nostra città. Credo che sia una campagna politicamente sbagliata, che rompe e rovina il lavoro per una battaglia di genere che alcune e alcuni stanno provando a mettere in atto da diverso tempo.

Provo a spiegarne i motivi.
La richiesta di una quota rosa e di una partecipazione femminile che sia strutturata da numeri e da imposizioni, indipendentemente dalla capacità del soggetto in questione, trovo che sia non solo sbagliata, ma completamente controproducente. I numerosi esempi di donne in politica, in tutto e per tutto, soldatesse in mano al Capitale o alla Repressione, (penso alla Marcegaglia o alla Fornero, alla Clinton e a molte altre) stanno lì a dimostrarcelo. Come stanno a dimostrarcelo le donne che anche nella nostra provincia, vittime più che colpevoli dell cultura delle “Quote rosa”, hanno accettato pur non avendone la capacità di avere ruoli di gestione pubblica, legittimando in tal senso una politica in tutto e per tutto ancora una volta maschile.

Non sono così ingenuo da non vedere che il Capitalismo nella sua forma patriarcale e post-patriarcale determina una disparità uomo-donna già dalla partenza, e che, quindi, l’emergere femminile sia più difficile, più ostacolato, più complesso. Ma è un semplice effetto del Capitalismo, uno dei più importanti perchè toglie forza alla lotta di genere, ma comunque l’effetto di una causa più grande e complessiva. Erodere questa causa ogni giorno nelle battaglie quotidiane come nelle discussioni fra amici, dev’essere il nostro obiettivo. Esistono femminicidi quasi quotidiani, causati da un grandissimo e gravissimo problema culturale che coinvolge il maschio italiano, quasi legittimato dalla società nella sua reazione fisica e vigliacca. Bisogna accendere il conflitto su questo tema, ora più che mai. Ma bisogna farlo sapendo che questa cultura non la si modifica, la si abbatte.

Io da parte mia, privilegiato dal fatto che ho avuto la fortuna di militare in aree di movimento a fianco di compagne straordinarie con cui ho costruito tutto il mio percorso e che sono diventate quello che sono in un cammino di crescita che ha coinvolto anche me, credo che la lotta di genere e l’Antisessismo siano momenti essenziali per la nostra trasformazione. Tanto più essenziali quanto più inseriti nel giusto contesto.

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