Perchè voterò PCL alle prossime elezioni. E perchè invito gli astensionisti a fare altrettanto.

Credo che non avere un punto di riferimento, una realtà da cui sentirsi rappresentati, in vista delle prossime elezioni, non sia affatto bello. E questo lo dico nonostante abbia scelto, assieme ai miei compagni un altro terreno, distante in maniera siderale da quello stanco e falso delle elezioni. Tuttavia, riprendendo un vecchio adagio dei compagni di Roma, piacerebbe anche a me poter affermare “Non abbiamo governi amici, ma semplicemente ci riconosciamo il diritto di scegliere il terreno dello scontro”.

Credo che le elezioni le vincerà Monti. Non il professore in persona ma i poteri forti che gli stanno dietro. E che stanno dietro al PDL e al PD. E questo basta per scartare l’ipotesi della “sinistra credibile (?)” e di tutti coloro che sono alleati a lei, in primis il magnifico imbonitore pugliese.

Per qualche tempo, pur con uno scetticismo che, ahimè, mi contraddistingue, ho seguito con interesse l’esperimento “Cambiare si può”. Mi sembrava un tentativo ben ragionato di porre i temi concreti, molti dei quali appartenenti al nostro orizzonte di lotta, all’ordine del giorno. E, soprattutto, mi sembrava la possibile creazione di un percorso altro, a partire dalle modalità dello stare insieme. Questo percorso è stato drammaticamente affondato dalla discesa in campo del leader Ingroia e da una completa trasformazione del senso di quell’esperienza: da una discussione sulla trasformazione, a un ricovero di elefanti, pronti a tutto pur di sfuggire alla morte biologica. Grande delusione. E grande delusione nel vedere che compagni di cui avere stima, non ammettono che è un’accozzaglia priva di logica e di prospettiva e si nascondono dietro il sempreverde rifugio della “fase” da comprendere.

Di Beppe Grillo ho detto e ridetto. Una sola cosa voglio aggiungere: la cosa più paradossale è attribuire una possibilità di trasformazione a un movimento culturalmente di destra. Impressionanti sono le somiglianze con il fascismo come Movimento: nazionalismo,  antisocialismo, corporativismo, interclassismo, autoritarismo come obbedienza cieca ad un uomo forte e intoccabile. Ma soprattutto la caratteristica di percepirsi e di presentarsi al tempo stesso come rivoluzionario e reazionario. Altro che votarli, qui occorre una campagna complessiva di svelamento.

Restano quindi in campo due scelte possibili: l’astensionismo o l’identità.

Comprendo la scelta astensionista di molti compagni ma provo a spiegare perchè non la praticherò. La democrazia che ci tocca abitare è marcia fino alle fondamenta, sia concretamente che nella percezione che ne hanno i cittadini. Allora ha bisogno di una legittimazione. Tenderà cioè assolutamente a soprassedere sulla grande quantità di non votanti: sarà questo un numero citato velocemente nelle primissime analisi, ma poi finirà nel dimenticatoio molto presto e volutamente.

Più incisivo credo sia partecipare all’elezione e col proprio voto, togliere percentuale alle già citate forze in campo. E in questo senso la scelta del PCL mi sembra l’unica possibile. E’ una realtà insufficiente e probabilmente non sarà soggetto protagonista della trasformazione, ancorato com’è su dinamiche auto-rappresentative. E’ anche discretamente lontano dalla mia concezione di Comunismo, inteso come processo in continua evoluzione. Tuttavia si riferisce a quel paradigma culturale, a quel portato di immaginario che ancora oggi credo sia l’orizzonte necessario verso cui camminare e verso cui indirizzare i nostri sforzi.

E magari può portare alcuni dei compagni di viaggio nelle nostre lotte quotidiane a ripensare molte delle scelte fatte negli ultimi anni.

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