Criminalizzare la notte è una loro strategia

Qualche giorno fa è uscito sui quotidiani locali un appello-richiesta di una cinquantina di cittadini per la chiusura di un locale. Paura e schiamazzi le motivazioni. Il desiderio del silenzio notturno e la necessità di evitare assembramenti potenzialmente pericolosi, sono stati addotti al fine di ottenere la chiusura.                                                                               Non è la prima volta che in diverse parti della città si assiste alla mobilitazione di uno sparuto gruppo di persone per difendere la sacralità del silenzio notturno. E non è la prima volta che i quotidiani locali, solitamente così restii a dar voce alle richieste della cittadinanza e alle mobilitazioni critiche e conflittuali, forniscono uno spazio smisurato a prese di posizione di questo tipo.                                                                                                                   Se inquadriamo la cosa in un contesto più ampio, vediamo come ogni richiesta di limitazione degli spazi e dei tempi di divertimento notturni viene immediatamente accolta dall’amministrazione, prontissima a restringere gli orari, aumentare il controllo, imporre il silenzio. Ma a guardar bene, si tratta di una tendenza nazionale sempre più diffusa, partita da sindaci sceriffi del centro-sinistra che ancora una volta hanno costituito testa di ponte per sperimentare pratiche di chiusura: si pensi a Cofferati a Bologna, a Domenici prima e Renzi poi a Firenze, a Filippeschi a Pisa. Le restrizioni della giunta Pucci in tal senso, sono perfettamente allineate.

A pensarci bene, quella che può apparire come una semplice misura logica, tutta questa logicità non la possiede. Se rimaniamo sul piano del puro piano elettorale, le limitazioni delle amministrazioni colpiscono una nutrita fetta di potenziale elettorato ben superiore a coloro che dovrebbero guadagnarci da un’iniziativa siffatta. Inoltre la cosiddetta sacralità del riposo, in una società sempre più destrutturata e in un mondo del lavoro sempre meno legato agli antichi orari lavorativi, perde senso, progressivamente.                                       No, non è il rispetto del silenzio e il diritto al riposo la motivazione.

Bisogna spostarsi di livello e guardare le cose un po’ più astrattivamente. Il divertimento, specie quello notturno, la possibilità di trascorrere del tempo in relazione con gli altri, sono potenzialmente molto pericolosi. In primo luogo perchè sottraggono tempo all’attività lavorativa; secondariamente perchè sfuggono dal modello di svago proposto/imposto dalla cultura dominante. Ci vogliono soggetti adatti e pronti alla produzione, e la rottura della sacralità del silenzio notturno non è altro che una minaccia per la necessità di una forza lavoro abile e svelta. Tutto il tempo dello svago dev’essere concentrato nei non-luoghi del consumo, dove la possibilità della costruzione di relazioni, tipica di buona parte del divertimento notturno, non deve trovare spazio. La trilogia del produci-consuma-crepa su cui il mondo Capitalista ha basato la propria esistenza non può rischiare di esser messa in discussione: ci vuole ingranaggi della produzione, ben oliati e pronti.

Vista in quest’ottica assume tutto un altro significato anche la campagna limitativa in atto nelle città italiane.                                                                                                                              A noi non resta che prendere coscienza di tutto questo ed ancora una volta opporci a questa, come a tutte le misure repressive in atto. E per farlo, dobbiamo provare a stravolgere la trilogia del Capitale, impossessandoci del nostro tempo nella sua totalità, compreso il divertimento: una risata notturna li seppellirà.

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