Mio bilancio sulla conferenza di venerdì col Professor Giulio Palermo (26/02/12)

Innanzitutto un ringraziamento per l’alta partecipazione all’incontro di venerdì col Professor Giulio Palermo (70 persone ad un dibattito su economia e politica al giorno d’oggi sono molte).

Sono stato contento dell’attenzione riservata al dibattito e dell’intervento di Giulio.

L’idea con cui son partito per organizzare questo evento, è stata quella di capirne un po’ di più e di prospettare scenari di radicale cambiamento della società.

L’intervento di Giulio è stato largamente condivisibile, innanzitutto nella parte analitica. Non sono un economista, ma sentir parlare in maniera alternativa della situazione economica, mettendo finalmente i responsabili della crisi nella giusta posizione, m’ha consolato.

E’ chiaro che nella parte più propriamente politica, l’intervento ha suscitato perplessità, soprattutto sul ruolo della sinistra radicale in questo contesto.

Anch’io non ho un’idea precisa al riguardo ma pongo alcuni interrogativi:in primo luogo, il percorso che negli ultimi anni ha caratterizzato le forze della sinistra radicale, ha totalmente seguito l’idea di mitigare gli effetti nefasti del capitalismo, rimanendo pienamente nella prospettiva del sistema. Sia nelle analisi, che nel percorso, governare l’esistente è stata la parola d’ordine. Magari per accumulare forze e conoscenze, ma comunque questo è stato. Ora, io posso anche essere d’accordo su questa strategia, ma credo che la si misuri in base i risultati. Mi pare al contrario che i risultati non ci sono mai stati, nè in termini di crescita della sinistra radicale, nè tantomeno nella difesa della situazione (di miglioramento, ovviamente, neanche parlarne).

E allora, mi chiedo: rompere questi legami e proporsi come forza che nell’analisi, nella proposta, nelle scelte e nell’azione sia veramente rivoluzionaria, non potrebbe forse essere migliore, dal punto di vista del risultato? Comincio a pensare di si. Comincio a pensare che, se davvero riteniamo che la crisi sia irreversibile, abbiamo il dovere storico e politico di costruire scenari di conflitto sociale, per un liberazione culturale e politica dal capitalismo.

Al di là di questo, spero che l’idea della necessità di aprire un dibattito in questo senso, in città, fra di noi e con gli altri, sia accettata ed abbia ulteriori momenti di approfondimento.

Un’ultima considerazione. Ho visto, sentito da parte di molti partecipanti all’assemblea un atteggiamento, come dire, di rifiuto totale e di attribuzione di follia all’intervento di Giulio. “Questo è matto” è apparso in molte bocche. Si chiama a mio parere “esorcizzazione” di uno scenario che ci fa paura, proprio perchè abbiamo perfino perso la capacità di immaginarlo.Eppure, ragionare sulla possibilità di costruire campagne di demercificazione dei prodotti per soddisfare i nostri bisogni, partire dall prospettiva della messa in discussione dei sistemi di produzione e di sviluppo, credo sia possibile, ed oggi più che mai urgente.

Saluti a pugno chiuso, ma levato nel colpire

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E se spezzassimo quel dito medio? (01/04/12)

Un corteo bruttino, un po’ stanco e francamente poco partecipato. Azioni non certo eclatanti, parole d’ordine forzatamente nuove che sostituiscono il vecchio, solo perchè datato. Tanta gioventù, ma poca freschezza.

No, obiettivamente non sono così entusiasta della manifestazione di ieri.

In tutto questo spiccano due immagini. La parte dei No Tav, bella, fiera, orgogliosa. Lo spezzone napoletano, con uno stupendo, quanto azzeccato striscione su Marx.

Eppure mi piace immergermi nel mio popolo, ritrovare vcchi amici, sentirmi a casa. E mi piacciono le discussioni lungo il viaggio, le prospettive di cambiamento immaginate e non (ancora?) realizzate, le bandiere.

Oggi sono pessimista, ma domani è un altro giorno e la lotta continua. E forse il dito medio di Cattelan è un po’ il simbolo della risposta che la finanza ci fornisce quando proviamo a farci buoni e propositivi.

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Ma secondo voi perchè sono contro Beppe Grillo? (17/04/12)

Ma credete davvero che sia contro Beppe Grillo perchè difendo i privilegi di casta? Credete davvero che io sia dalla parte dei vari profittatori di turno? Pensate davvero che anch’io non ritenga che ci sia la necessità di una profonda trasformazione culturale e politica, una rivoluzione?

O ancora, pensate davvero che io voglia difendere i misfatti politici, economici, culturali di questa classe dirigente?

Ebbene, ve lo dico, una volta per tutte, no.

Penso al contrario che la predicazione (perchè di parole di un messia si tratta) del signorotto genovese sia perfettamente in linea con questo modello di pensiero, per vari motivi.

Ma qui voglio tralasciare i motivi più prettamente politici (dall’irruzione dell’uomo forte, al razzismo, dal qualunquismo, all’omofobia, dal maschilismo alla difesa dei privilegi di classe), per addentrarmi nell’ambito culturale.

Pensavo e penso che la battuta ammicante faccia parte della nostra cultura, ma che una società che vogliamo costruire da capo, debba estirparla con tutta la forza che ha in corpo. Il termine puttana, frocio, vecchio schifoso, e tanti altri che fanno parte del linguaggio da bar, sono distruttivi non solamente perchè portano a un decadimento culturale, ma anche perchè sono specchio di un modo di pensare prevaricante e escludente e, in quanto tali sono caratteristica quasi irrinunciabile di molti ambienti.  Pensiamo allo spogliatoio del calcetto, alla palestra, alla bottega, alla fabbrica.

Uno stravolgimento del linguaggio è uno stravolgimento dell’essere e quindi, forse, dell’agire.

Sono indignato dall’approccio di Grillo ai temi che affronta, non solamente per la sostanza, ma anche per la forma. Ma che la forma è sostanza non lo scopro certo io.

E trovo che dietro tutto questo ci sia un calcolo ragionato di farsi interprete delle viscere di una popolazione stanca e provata da crisi e berlusconismo. E che l’ammiccamento alla pancia, anziche alla testa del popolo sia pericoloso, non tanto perchè produce mostri (in fondo viviamo in un ambiente di mostri), quanto perchè rinuncia al primo compito della politica in quanto tale: incidere sulla popolazione e portarla a una crescita sociale, politica, culturale.

Dire che “Quando Vendola va in Confindustria, la Marcegaglia si alza e vorrebbe dargliela, ma lui niente, non la vuole” non è una battuta. E’ uno svelamento su una maniera d’essere e di pensare.

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Il 25 Aprile e il 1° Maggio io voglio cantare!

Il senso di far parte di una storia collettiva come la Resistenza, come l’Antifascismo, come la lotta contro le ingiustizie può irrompere in noi in tutte le maniere, anche quelle più strane. E lì rimanere tutta la vita come ragion d’essere. E magari provare perfino a dare un senso allo stare nel mondo.

Quando ero piccolo mio padre mi cantava le canzoni della Resistenza e del Movimento Operaio per farmi addormentare. Papà era compagno dentro, anche se ci teneva a dirmi che non aveva mai avuto la tessera di un partito. Ed era Antifascista dentro soprattutto nell’indignazione per ogni sopruso contro i più deboli.

Ed io ho sempre amato quelle canzoni. E oggi le amo ancor di più.

“Fischia il vento” mi piaceva perchè era diretta e semplice da capire. Il freddo della bufera, le scarpe rotte, ma il dovere/desiderio di andare.

“Se 8 ore” mi incuriosiva molto perchè si rivolgeva ai padroni in maniera perfino gentile. Se non ci credete, andate voi a lavorare…

“L’Internazionale” aveva una melodia straordinaria. E poi mi piaceva il fatto che ci angiungesse Lenin. Io non avevo idea di chi fosse. Ma “L’Internazionale di Lenin” mi sembrava una squadra fortissima con un allenatore mirabolante.

“Giovanni l’Ardizzone” mi spiazzava. Ma come, la polizia non dovrebbe essere brava? Perchè ha ammazzato quel ragazzo comunista?

“O cara Moglie” era la mia preferita. Questi crumiri curvati e piegati me li immaginavo proprio brutti e arroganti. E questo porco padrone lo prefigurvo con una faccia da vero suino. Ma poi avrei potuto tornare dal letto e ascoltare come si faceva a lottare per la libertà.

Infine “Bella Ciao”. Non mi piaceva, non la capivo. Questo invasore cosa voleva? E il Partigiano mi portava via, e dove? E poi questo sentimento quasi gioioso nell’esser seppellito. E invece ora quanto la amo “Bella Ciao”…

E’ arrivata la settimana più bella dell’anno, quella dal 25 Aprile al 1° Maggio, le nostre feste. E ho voluto anticiparla ricordando le canzoni di mio padre, le mie canzoni. Le canterò con gioia e con fiero senso di appartenenza anche quest’anno,assieme ai miei compagni, ai miei fratelli. E anche nel ricordo di papà.

BUON 25 APRILE

BUON 1° MAGGIO

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