Quando sei bambino ti rimangono impresse cose particolari. Piccole situazioni, momenti apparentemente insignificanti. E parole, soprattutto parole. E un bambino si accorge immediatamente quando suo padre attribuisce una particolare importanza ad alcune parole. Ti chiedi perche’, lo scoprirai piu’ tardi.
“Piazza Fontana” e’ una di queste parole. Ed anche “Strage di Stato”. Mio padre le pronunciava con una certa solennita’, mi colpiva. Forse la prima volta che provai a chiedere che cosa fosse quella strage o dove fosse quel luogo non mi reputo’ sufficientemente grande. Esattamente come quella volta che gli chiesi per quale motivo, se la polizia e’ buona, avrebbe dovuto uccidere quel giovane ragazzo comunista che manifestava contro la guerra, protagonista di quella canzone, Giovanni Ardizzone. Non ebbe ancora il coraggio di rispondermi come avrebbe voluto, elencandomi le nefandezze delle forze dell’ordine e descrivendo il loro ruolo al servizio del potere. Mi disse semplicemente che “tutti sbagliano”, ma non fu convincente. Ho capito piu’ tardi che era sbagliata la mia premessa…
Insomma, le prime informazioni che ricevetti sulla vicenda di Piazza Fontana me le procurai direttamente da solo, iniziando a sfogliare quel magnifico libro di controinchiesta dal titolo eloquente “Strage di Stato”, che poi non fu altro che il piu’ straordinario momento di controinformazione militante realizzato in questo paese. Non ne capii molto, ma cio’ che subito mi provoco’ fu il desiderio di cominciare a comprendere cosa fosse successo in quel periodo, di continuare a domandare a mio padre, di informarmi su quella che successivamente avrei imparato a chiamare “Strategia della tensione”. E da allora il 12 dicembre e’ rimasta data cardine, su cui riflettere e di cui parlare.
Sulle vicende della bomba di Milano, il Movimento conosce i responsabili e i mandanti. E sa perfettamente il ruolo delle forze neofasciste. A noi il compito di inserire quella vicenda nella piu’ ampia strategia di criminalizzazione della sinistra extraparlamentare di allora, come mirabilmente scritto nella prefazione al libro, dagli autori:
Questa controinchiesta – condotta da un gruppo di militanti della sinistra extra-parlamentare e iniziata nel periodo in cui, con il pretesto degli attentati dei 12 dicembre, si scatenava la caccia all'”estremista di sinistra” – non nasce da esigenze di legittima difesa: per denunciare “le disfunzioni dello stato democratico” o “la violazione dei diritti costituzionali dei cittadini”. Sappiamo che questi diritti, quando esistono, sono riservati esclusivamente a chi accetta le regole del gioco imposto dai padroni […] Per noi, “giustizia di classe” e “violenza di stato” non sono definizioni astratte o slogan propagandistici, ma giudizi acquisiti con l’esperienza: gli operai, i contadini, gli studenti, li verificano ogni giorno nelle fabbriche, nelle campagne, nelle scuole, nelle piazze e non soltanto nelle “situazioni di emergenza”. La repressione preferiamo chiamarla rappresaglia. Essa rappresenta un parametro di incidenza rivoluzionaria: sappiamo che il sistema colpisce con tanta più virulenza quanto più i modi e gli obiettivi della lotta sono giusti..
Oggi, tuttavia e’ il 13 dicembre. E non e’ solamente il giorno successivo all’anniversario della Strage di Stato: e’ anch’esso anniversario di una strage, quella dell’anno passato a Firenze, in cui un fascista di Casapound ha ucciso Samb e Diop.
Mi sono chiesto piu’ volte se non fosse sacrilego affiancare una data simbolica con questa. Se non fosse mettere in comunicazione due vicende con diversi ordini di grandezza nella gravita’. Ammesso che un discorso di questo genere sia legittimo, io comunque credo di no.
Credo che nella storia delle lotte di questo paese, nell’immaginario politico del Movimento, anche il 13 dicembre debba acquisire un ruolo paradigmatico: il momento in cui, ancora una volta, il fascismo si pone’, nelle sue diverse articolazioni, al servizio della repressione e del potere, interpretando quel ruolo di becera manovalanza al servizio del Capitale. Il momento in cui si assiste a un disperato svelamento della natura sempre presente nelle forze post-neo-fasciste: quello dell’odio per ogni forma di alterita’, politica, culturale, di genere. Il momento in cui le nostre analisi sulla pericolosita’ pubblica di queste maledette aggregazioni, trovavano una triste conferma.
Il 12 e il 13 dicembre sono due date profondamente diverse, per tanti motivi. Ma c’e’ qualcosa che le unisce, ed e’ quel filo nero fascista, tanto piu’ infame quanto piu’ legato ad apparati piu’ o meno deviati dello Stato. Il nostro compito e’ continuare a denunciare tutto questo, e’ proseguire nelle analisi e togliere spazio alle realta’ neo-fasciste, lottando per giustizia ed uguaglianza sociale.
E’ far si che ancora e per sempre un bambino possa accorgersi della solennita’ di certi momenti e possa farli diventare parte del suo patrimonio culturale. Sia il 12 che il 13 dicembre.