Innanzitutto un ringraziamento per l’alta partecipazione all’incontro di venerdì col Professor Giulio Palermo (70 persone ad un dibattito su economia e politica al giorno d’oggi sono molte).
Sono stato contento dell’attenzione riservata al dibattito e dell’intervento di Giulio.
L’idea con cui son partito per organizzare questo evento, è stata quella di capirne un po’ di più e di prospettare scenari di radicale cambiamento della società.
L’intervento di Giulio è stato largamente condivisibile, innanzitutto nella parte analitica. Non sono un economista, ma sentir parlare in maniera alternativa della situazione economica, mettendo finalmente i responsabili della crisi nella giusta posizione, m’ha consolato.
E’ chiaro che nella parte più propriamente politica, l’intervento ha suscitato perplessità, soprattutto sul ruolo della sinistra radicale in questo contesto.
Anch’io non ho un’idea precisa al riguardo ma pongo alcuni interrogativi:in primo luogo, il percorso che negli ultimi anni ha caratterizzato le forze della sinistra radicale, ha totalmente seguito l’idea di mitigare gli effetti nefasti del capitalismo, rimanendo pienamente nella prospettiva del sistema. Sia nelle analisi, che nel percorso, governare l’esistente è stata la parola d’ordine. Magari per accumulare forze e conoscenze, ma comunque questo è stato. Ora, io posso anche essere d’accordo su questa strategia, ma credo che la si misuri in base i risultati. Mi pare al contrario che i risultati non ci sono mai stati, nè in termini di crescita della sinistra radicale, nè tantomeno nella difesa della situazione (di miglioramento, ovviamente, neanche parlarne).
E allora, mi chiedo: rompere questi legami e proporsi come forza che nell’analisi, nella proposta, nelle scelte e nell’azione sia veramente rivoluzionaria, non potrebbe forse essere migliore, dal punto di vista del risultato? Comincio a pensare di si. Comincio a pensare che, se davvero riteniamo che la crisi sia irreversibile, abbiamo il dovere storico e politico di costruire scenari di conflitto sociale, per un liberazione culturale e politica dal capitalismo.
Al di là di questo, spero che l’idea della necessità di aprire un dibattito in questo senso, in città, fra di noi e con gli altri, sia accettata ed abbia ulteriori momenti di approfondimento.
Un’ultima considerazione. Ho visto, sentito da parte di molti partecipanti all’assemblea un atteggiamento, come dire, di rifiuto totale e di attribuzione di follia all’intervento di Giulio. “Questo è matto” è apparso in molte bocche. Si chiama a mio parere “esorcizzazione” di uno scenario che ci fa paura, proprio perchè abbiamo perfino perso la capacità di immaginarlo.Eppure, ragionare sulla possibilità di costruire campagne di demercificazione dei prodotti per soddisfare i nostri bisogni, partire dall prospettiva della messa in discussione dei sistemi di produzione e di sviluppo, credo sia possibile, ed oggi più che mai urgente.
Saluti a pugno chiuso, ma levato nel colpire