Conflitti di genere ed antisessismo, due concetti che hanno fatto irruzione nel mio vocabolario qualche tempo fa, incontrollabili e assolutamente innovativi. Intendiamoci, è da tempo che condivido con amici e compagni la necessità di una trasformazione dei ruoli, del vocabolario, in poche parole, delle caratteristiche strutturali e sovrastrutturali della statica famiglia patriarcale. Qualche tempo fa, in un impeto di indignazione poco politico (come ogni impeto) e perciò poco convincente, arrivai a sfiorare il litigio con alcuni amici per l’uso maschilista del linguaggio. Tutto comunque molto aleatorio e molto superficiale.
Da qualche tempo non è più così. E’ dovuto, io credo, a una maturazione nell’analisi che vede l’Antisessismo non già una pratica da adottare per “essere realmente compagni”, quanto piuttosto una parte determinante della più complessiva battaglia dell’Antifascismo e per la trasformazione della società.
Questo preambolo per dire che sono fortemente convinto che la battaglia femminista sia la Nostra battaglia e che sia elemento imprescindibile per chi oggi si dichiara Anticapitalista, Comunista o Anarchico.
Nel mio peregrinare tra i siti politici mi è capitato di incontrare una battaglia messa in piedi dalle militanti di “Se non ora quando” che prende il nome di “Se crescono le Donne, cresce il Paese”, a cui se non sbaglio hanno aderito anche compagne della nostra città. Credo che sia una campagna politicamente sbagliata, che rompe e rovina il lavoro per una battaglia di genere che alcune e alcuni stanno provando a mettere in atto da diverso tempo.
Provo a spiegarne i motivi.
La richiesta di una quota rosa e di una partecipazione femminile che sia strutturata da numeri e da imposizioni, indipendentemente dalla capacità del soggetto in questione, trovo che sia non solo sbagliata, ma completamente controproducente. I numerosi esempi di donne in politica, in tutto e per tutto, soldatesse in mano al Capitale o alla Repressione, (penso alla Marcegaglia o alla Fornero, alla Clinton e a molte altre) stanno lì a dimostrarcelo. Come stanno a dimostrarcelo le donne che anche nella nostra provincia, vittime più che colpevoli dell cultura delle “Quote rosa”, hanno accettato pur non avendone la capacità di avere ruoli di gestione pubblica, legittimando in tal senso una politica in tutto e per tutto ancora una volta maschile.
Non sono così ingenuo da non vedere che il Capitalismo nella sua forma patriarcale e post-patriarcale determina una disparità uomo-donna già dalla partenza, e che, quindi, l’emergere femminile sia più difficile, più ostacolato, più complesso. Ma è un semplice effetto del Capitalismo, uno dei più importanti perchè toglie forza alla lotta di genere, ma comunque l’effetto di una causa più grande e complessiva. Erodere questa causa ogni giorno nelle battaglie quotidiane come nelle discussioni fra amici, dev’essere il nostro obiettivo. Esistono femminicidi quasi quotidiani, causati da un grandissimo e gravissimo problema culturale che coinvolge il maschio italiano, quasi legittimato dalla società nella sua reazione fisica e vigliacca. Bisogna accendere il conflitto su questo tema, ora più che mai. Ma bisogna farlo sapendo che questa cultura non la si modifica, la si abbatte.
Io da parte mia, privilegiato dal fatto che ho avuto la fortuna di militare in aree di movimento a fianco di compagne straordinarie con cui ho costruito tutto il mio percorso e che sono diventate quello che sono in un cammino di crescita che ha coinvolto anche me, credo che la lotta di genere e l’Antisessismo siano momenti essenziali per la nostra trasformazione. Tanto più essenziali quanto più inseriti nel giusto contesto.