Un gesto, solo un gesto, ma forte. Che ne so, un pugno chiuso, una bandiera, una parola su una maglietta. Non chiedo altro per questa Olimpiade, che mi gusterò con immenso piacere, che un semplice gesto di ribellione da parte di qualche atleta, magari italiano. Abbiamo bisogno di gesti provocatori, anche e soprattutto laddove non te li aspetteresti.
Il magnifico pugno chiuso guantato di John Carlos e Tommie Smith di Città del Messico ’68 è rimasto icona per la sua straordinaria bellezza e semplicità. Denunciava il razzismo della società americana e richiamava le lotte di Potere Nero. Un gesto ineguagliabile per la forza, il contesto, l’estetica crudeltà. Certo, era figlio della rivolta mondiale in corso, semplice espressione sportiva di una ribellione generalizzata. Ed oggi non c’è nulla di tutto questo.
Ma possibile che l’intera generazione degli sportivi attuali non riesca ad uscire dal mondo fatato in cui è immersa? Possibile che siano tutti immuni di fronte alla miriade di problemi che ci riguardano (e, in qualche maniera dovrebbero riguardare anche loro)?
Regalatemi un sussulto ve ne prego. Una bandiera No Tav sventolata per festeggiare una medaglia, un drappo rosso per denunciare le ingiustizie sociali del Capitalismo o una maglietta in cui denunciare il feroce Maschilismo generalizzato in ambito di giornalismo sportivo. Anche una cosa sola che possa riavvicinare lo sport alla sua anima popolare. Noi che lo amiamo ci meritiamo questo riscatto.