Qualche tempo fa, doveva essere se non ricordo male Gennaio, decidiamo di organizzare un’iniziativa sulla Palestina. L’idea è quella di collegarci telefonicamente all’interno del dibattito con Gaza e in particolar modo con Vittorio Arrigoni.
Perchè lui? Beh, perchè sono rimasto colpito dai suoi resoconti dalla striscia durante la vigliacca operazione israeliana, denominata “Piombo Fuso”. Sono rimasto colpito dalla crudezza di quei racconti, ma anche dall’umanità che traspariva e che veniva riassunta così mirabilmente con la frase di chiusura “Restiamo Umani”. Ci sentiamo con Vittorio durante la settimana precedente l’iniziativa, sia via mail e sia via sms. Lui si dimostra contento e fa trapelare un entusiasmo che contagia e che riassumo nell’appellativo di “Hermano” con cui mi chiama. Poi arriva il sabato. All’orario stabilito proviamo a chiamare Vittorio, ma nulla. Dall’altra parte del telefono non risponde nessuno. Proviamo e riproviamo ma niente. Verso fine serata mi arriva un messaggio in cui Vittorio ammetteva di essersi dimenticato.
Ho ripensato a quella vicenda e me lo sono immaginato lì, a passare una serata con gli amici. Lui, l’Occidentale a Gaza, mio coetaneo, con i miei stessi orecchini e i miei stessi tatuaggi in una terra non così avvezza alle alterità estetiche.
Giovedì sera quando è arrivata la notizia del rapimento e ovviamente ancor più venerdì mattina dopo il ritrovamento del cadavere di Vittorio, mi son sentito come dopo aver ricevuto un pugno in faccia. Quando muore un compagno ti senti quella morsa allo stomaco che ti prende…. ma questa volta di più.
Perchè di più, mi sono chiesto? Solo per quella vicenda della mancata intervista che così mirabilmente dimostrava in maniera involontaria la sua umanità? Solo per quel senso di affetto che hai verso un giornalista che leggi quotidianamente e che ti diventa familiare come fosse un amico? No, non trovavo la risposta.
Poi ieri, in macchina stavo ascoltando Radio Popolare. Durante il GR viene intervistata la madre di Vittorio. Ne parla con riconoscenza e trova un aggettivo mirabile per definirlo: concreto. Vittorio era un ragazzo concreto.
Ecco il motivo, mi sono detto. Vittorio Utopia Arrigoni aveva quella concretezza dell’agire politico che noi innamorati dell’idea di cambiare il mondo non abbiamo mai.
Addio Vik